Qual è, a suo avviso, l’elemento più innovativo/promettente della nuova legislazione sul Terzo Settore (Codice del Terzo Settore, Impresa Sociale, 5×1000, Servizio Civile Universale)?
Innanzitutto, aver dato una definizione giuridica di ente del Terzo Settore. Da più di 20 anni il termine Terzo Settore viene usato sempre più spesso in ambito sociologico o economico senza avere alcun rilievo in ambito normativo. La definizione ha consentito di dare una chiara identità a tale universo, trovando gli elementi che accomunano diverse tipologie di soggetti che erano nati negli anni passati anche a seguito numerose di leggi di settore, connettendolo con il dettato costituzionale ove gli si riconosce il perseguimento di finalità di interesse generale. Questo apre una nuova strada di collaborazione paritaria con le istituzioni pubbliche attraverso le attività di co-programmazione e co-progettazione. Ci sono molti altri aspetti innovativi che vanno evidenziati nella Riforma: dalla riarticolazione della legislazione sull’impresa sociale, all’enfasi del ruolo fondativo e trasversale del volontariato, ai nuovi strumenti di sostegno delle attività degli enti e gli istituti di finanza sociale.
Qual è l’elemento che più la preoccupa riguardo la nuova legislazione sul Terzo Settore?
Di certo Il “pacchetto fiscale” previsto nel CTS, specie per gli enti di natura associativa. L’articolo 79 in particolare, ma anche altri, è di interpretazione complessa e ha contenuti contraddittori. La sua introduzione potrebbe esporre le associazioni ad un vasto contenzioso oltre a comportare complicazioni gestionali e maggiori costi. Non è accettabile che un ETS medio piccolo debba dotarsi di competenze professionali esterne per continuare a svolgere le proprie attività. In queste condizioni riteniamo assai rischioso far partire la richiesta di autorizzazione alla Commissione europea su norme assai poco convincenti e richiedono una necessaria revisione. Per non parlare del totale disallineamento tra le norme fiscali che riguardano la generalità degli ETS e quelle per gli enti di promozione sportiva, questa sperequazione porta un effetto dissuasivo ad assumere la qualifica di ETS per un settore che da solo rappresenta un terzo del non profit. Credo che sia interesse di tutti che il maggior numero possibile di organizzazioni non profit scelgano di diventare enti di Terzo Settore, godendo delle opportunità della nuova normativa e sottoponendosi a più rigorosi requisiti di trasparenza. Una legislazione fiscale poco chiara e potenzialmente penalizzante può mettere a rischio questo obiettivo e mettere in crisi il portato della Riforma.
Sostenibilità, trasparenza e democraticità sono gli assi principali su cui si è mossa la Riforma, crede che siano stati ben strutturati e articolati all’interno di essa? Tra questi, quali pensa debba essere maggiormente promosso tra gli enti del Terzo Settore?
Il tema della trasparenza è certamente uno dei capisaldi del CTS, sia verso l’interno delle organizzazioni, sia verso l’esterno. Il CTS Ha previsto la costituzione del RUNTS, superando la caotica frammentazione dei tanti registri presenti in Italia (l’Agenzia per il Terzo Settore ne aveva censiti oltre 300!); l’adozione di linee guida per i bilancio/rendiconti; l’adozione del bilancio sociale e dell’organo di controllo oltre certe soglie di attività. Anche il tema della democraticità, almeno negli enti a natura associativa e cooperativa, ha trovato importanti punti di riferimento a sua garanzia. Un altro tema che a suo tempo era al centro del processo Riformatore era la semplificazione. Di certo, il CTS ha fatto passi in avanti importanti mettendo ordine e omogeneizzando le forme consolidate di ODV e APS e imprese sociali ed ha dato ruolo a nuove categorie come quella, importantissima, delle reti associative. Purtroppo però il percorso non è stato completo e sono rimaste fuori parti importanti del non profit come le associazioni sportive dilettantistiche o le ex ONG che attualmente sono regolate da norme poco coerenti con l’impianto del codice. Circa la sostenibilità, se intesa come messa in atto di strumenti di promozione e sostegno degli enti, le norme hanno certamente previsto diversi strumenti (ad esempio, dal miglioramento del 5×1000 alle detrazioni o deduzioni per le donazioni) ma alcuni di essi attendono ancora l’emanazione di provvedimenti attuativi (si pensi al social bonus o alla possibilità di svolgere attività diverse o la raccolta fondi, le cui linee guida sono ancora in attesa di approvazione) o la già citata autorizzazioni della Commissione EU per accedere alla fiscalità di vantaggio. Infine, ritengo che fra tutti, il tema della trasparenza sia quello che richieda maggiore promozione per superare il gradino costituito dall’onere della innovazione che la trasparenza comporta: occorre uscire da una certa autoreferenzialità occorre bensì “rendere conto” della propria attività. Vi è pertanto necessità in primis di un salto culturale e poi organizzativo, e ciò richiede comunque un impegno di risorse ed energie.
Qual è stato il ruolo della sua rete/ente nell’informare e comunicare agli associati le principali novità, opportunità ed adempimenti della Riforma del Terzo Settore?
Il Forum da parecchi anni ha operato perché vi fosse una evoluzione del quadro normativo, nella consapevolezza che la frammentarietà delle tante norme riferite a singole fattispecie di enti non facilitasse la crescita complessiva di questo universo. Come ente di rappresentanza il Forum ha seguito passo passo tutti i passaggi parlamentari della legge delega e dei Decreti Legislativi sia i Decreti attuativi (già usciti o in via di elaborazione), circolari, etc. Fra l’altro, ha promosso il percorso formazione Capacit’Azione, che ha coinvolto 1300 dirigenti associativi di tutte le Regioni; ha dato vita, insieme a CSVnet, al sito www.cantiereterzosettore.it; avviato, in collaborazione con gli enti di formazione Leader e ICN, un progetto di formazione rivolto a 200 dirigenti sulla co-programmazione e co progettazione.
Quanto è stato impegnativo seguire l’evoluzione della Riforma del Terzo Settore?
Per un ente di rappresentanza quale è il Forum il percorso (ormai quasi giunto al settimo anno) ha ovviamente assorbito molte risorse della nostra struttura. E’ stata sicuramente una delle maggiori priorità.
L’avvio della Riforma è stata l’occasione per un ripensamento della missione oltre che di un adeguamento della struttura giuridico e organizzativa della sua associazione?
Va da sé che per poter svolgere al meglio il proprio compito di rappresentanza il Forum si è dotato delle competenze necessarie: gli associati hanno messo a disposizione i loro esperti (avvocati, commercialisti, etc.) ed è stato costituito un apposito Tavolo Tecnico Legislativo, composto da circa 40 specialisti.
Ritiene che gli art.55 e 56 del CTS , nonché la recente sentenza n.131/2020 della Corte costituzionale possano aprire per la sua organizzazione nuove opportunità di dialogo istituzionale nonché l’avvio degli strumenti di co programmazione e co-progettazione con la Pubblica Amministrazione?
Tali articoli sono tra le più rilevanti innovazioni portate dal CTS. Con essi si affianca, oltre agli strumenti competitivi previsti dal Codice dei contratti pubblici, anche quelli di collaborazione tra enti pubblici e ETS, in virtù del fatto che, entrambi, svolgono attività di interesse generale. La sentenza n. 131/2020 Corte Cost. riconosce e rafforza il portato costituzionale degli ETS e gli affida grandi responsabilità. Ne consegue che, sia per gli enti di rappresentanza, sul piano della co-programmazione, sia per tutti gli ETS, sul piano della co-progettazione, si aprano spazi di dialogo e collaborazione di grande rilievo.
La Riforma ha previsto la nascita delle “reti associative”. Come valuta questa innovazione? E in che modo le reti associative potranno assolvere ai nuovi compiti a loro attribuiti?
Si tratta di un passaggio molto importante. L’immaginario pubblico vede questo mondo estremamente frammentato, un pulviscolo costituito da centinaia di migliaia di enti. La realtà è ben diversa: come ha recentemente censito l’ISTAT almeno la metà degli enti aderisce ad una o più reti nazionali. Ciò significa che gli enti non sono monadi isolate le une dalle altre bensì in buona parte costituenti una fitta rete “neuronale” dotata di enorme adattività (la recente crisi epidemiologica lo ha dimostrato in modo lampante), capaci – proprio grazie alle reti – di rapida mobilitazione e elevata diffusione e replicazione delle buone pratiche.
Reputa necessari un monitoraggio e una valutazione continuativi dello stato di attuazione della Riforma del Terzo Settore?
Certo, tanto che lo facciamo tanto attraverso le nostre risorse interne sia attraverso appositi strumenti quali Terzjus ai quali abbiamo contribuito a dar vita.
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