Anche il Volontariato durante questa emergenza sanitaria, economica e sociale si è interrogato, e dopo l’iniziale smarrimento ha cercato di reagire, di mettersi a disposizione, assicurando servizi e presenza. Non è stato facile, perché molte realtà non hanno potuto proseguire con le loro attività.
Pensiamo a tutte le associazioni che operavano ed erano impegnate a favore del tempo libero delle persone con disabilità, degli anziani, dei bambini, degli adolescenti e dei giovani; ricordiamo quei volontari che dalla mattina alla sera si sono ritrovati senza sede, senza il luogo dove avvenivano gli incontri, gli scambi e la programmazione. Molti hanno vissuto e stanno vivendo il peso di questa non-presenza, la mancanza dei legami e dell’appartenenza. Già: l’appartenenza è uno dei valori che animano il Volontariato, come la prossimità e la condivisione.
Questa crisi di spazi e di incontri ha penalizzato più l’essere che il fare, nel venir meno delle scelte, del progettare ed animare, nel custodire l’ascolto di quelle, tante, persone che hanno bisogno di confrontarsi, di parlare e di trovare un conforto, che hanno bisogno di “scappare” dalla violenza che subiscono, di essere accompagnate per poter intravedere una soluzione alle ferite, alle tragedie domestiche e in altri contesti. Il Volontariato ha sempre saputo reinventarsi e nei momenti più difficili sa riproporsi con creatività e coraggio.
Le mansioni del volontario durante il covid-19
I Volontari hanno assicurato i servizi di prima necessità, dal portare la spesa e i farmaci, all’accompagnare le persone con i trasporti sociali e sanitari. Li trovavi fuori dagli ospedali ad assicurare le distanze, in un’ambulanza per il servizio di trasporto sanitario, negli empori, market solidali, per preparare la spesa per le famiglie in difficoltà, a suonare il campanello di un’abitazione per consegnare buoni spesa. Molti di loro si sono avvicinati al digitale, altri hanno approfondito le loro conoscenze, creando gruppi di condivisione, scambi di immagini, video, saluti, promesse. Hanno iniziato a frequentare piattaforme digitali, skype, webinar, video chiamate, chiamate di gruppo, ecc. Hanno coinvolto i loro nipoti per imparare a utilizzare i vari dispositivi per avere contatti, informazioni e per formarsi.
Un tempo era improponibile la formazione on-line ai volontari: quanta fatica per programmare corsi e formazione a distanza, ora però sta diventando un valido strumento, così come le piattaforme di e-learning che assolutamente faticavano a svilupparsi nel Volontariato e che oggi rappresentano un valido strumento che spero rimanga di utilizzo comune. Pensiamo alla possibilità di poter approfondire delle tematiche nel tempo libero, quando abbiamo la possibilità di prenderci delle ore per noi, non importa se è tardi: entri e scegli la proposta formativa che ti interessa da un catalogo. Certo: non c’è il piacere che può dare un’aula, la presenza, la possibilità di conoscere persone nuove. Ecco… questo è il confine, nell’opportunità che questa pandemia ci può dare.
Confido che in futuro alcune cose si possano continuare a svolgere sulle piattaforme digitali: non tutto, ma ciò che ci può dare una migliore qualità di vita, che ci permette di utilizzare al meglio il tempo del lavoro, dello svago e dell’impegno personale; che ci aiuti negli spostamenti, nelle corse tra una regione e l’altra, ecc. Del mio tempo in lockdown, a casa in smartworking, mi è rimasta l’esperienza di qualche videoconferenza tematica che mi ha permesso di approfondire argomenti che mi interessavano ma che prima, per il poco tempo, passavano fuggevolmente nella mia vita. Ci sarebbe tanto da scrivere, ovviamente tutto non può essere affrontato e argomentato nel breve spazio di un articolo, di un’intervista: un’esperienza diventa interessante quando decidi di viverla e di affrontarla per quello che è, sempre con ottimismo e speranza.
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