Distribuzione degli alimenti

È pratica diffusa di molti Enti del Terzo Settore erogare a diverso titolo cibi e bevande nelle proprie attività o strutture: dai circoli ricreativi, alle feste, sagre, ai centri estivi, alle mense per i poveri, fino alle strutture residenziali e semiresidenziali. Come essere in ordine con la normativa di riferimento in merito alla distribuzione degli alimenti?

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Cos’è la distribuzione degli alimenti: le diverse tipologie

La distribuzione degli alimenti è una pratica diffusa di molti Enti del Terzo Settore che erogano, appunto, a diverso titolo cibi e bevande nelle proprie attività o strutture.

Esistono diverse situazioni e quindi diverse procedure da mettere in atto per essere in regola quando l’ente desidera distribuire alimenti: un incontro aperto al pubblico in cui viene offerto un buffet è diverso dal bar dell’oratorio o dalla spaghettata di autofinanziamento in piazza così come dal pranzo distribuito ai bambini del centro estivo.

Le diverse tipologie di distribuzione degli alimenti sono:

  • cessione gratuita o a pagamento
  • distribuzione a soci/pubblico/collettività limitate (es: fruitori di un servizio)
  • distribuzione a cura di volontari o professionisti retribuiti

Tali distinzioni sono rilevanti anche dal punto di vista legale e possono determinare differenze negli adempimenti da compiere per porre in essere l’attività. Infatti, a seconda dell’attività in essere, possono essere richiesti documenti o può essere necessaria la certificazione di alcune competenze nel personale, anche volontario, destinato allo scopo. 

Cosa fare in caso di cessione gratuita di alimenti al pubblico

Il caso di cessione gratuita di alimenti al pubblico è la situazione più semplice: si pensi al rinfresco offerto gratuitamente durante un dibattito o una conferenza o un evento culturale. L’ente in questo caso può certamente richiedere un’offerta per la partecipazione all’evento ma deve essere chiaro all’utente che non è il corrispettivo per la cessione degli alimenti o che questa è assolutamente secondaria e subordinata all’evento stesso.

Cosa fare: in caso di cessione gratuita di alimenti al pubblico è semplicemente necessario rispettare le norme HACCP, preferibilmente con volontari formati presso le locali Aziende Sanitarie.

Cosa fare in caso di vendita di alimenti ai soci

Il caso di  vendita di prodotti alimentari ai soci è possibile esclusivamente per le Associazioni di Promozione Sociale (APS) registrate presso il Ministero dell’Interno e relativi circoli territoriali.

Vi sono casi in cui un’Associazione (ad esempio un circolo sportivo, parrocchiale, ricreativo…) ha il bisogno o la volontà di attivare presso la propria sede un bar o un piccolo ristorante riservato ai soci.

Cosa fare: in caso di vendita di alimenti ai soci è necessario compiere i seguenti adempimenti:

  • Segnalazione Certificata Inizio Attività (SCIA) che si ottiene presso lo Sportello Unico Attività Produttive del Comune competente per territorio;
  • Atto costitutivo e Statuto;
  • indicazione dell’Ente nazionale di affiliazione;
  • rispetto delle norme HACCP, preferibilmente con personale formato presso la locale Azienda Sanitaria;
  • autorizzazione di idoneità sanitaria la cui richiesta avviene in automatico aprendo la pratica in Comune

Cosa fare in caso di vendita di alimenti al pubblico

Il caso di vendita di alimenti al pubblico è la situazione per la quale un Ente del Terzo Settore cede cibo e bevande previo pagamento di un quantitativo di denaro ad una collettività indistinta; si tratta ad esempio di eventi, feste, cene di autofinanziamento in cui non si chiede l’offerta per la partecipazione all’evento bensì un vero e proprio corrispettivo per la pietanza o la bevanda scelta o per il menù fisso adottato.

Cosa fare: in caso di vendita di alimenti al pubblico è necessario compiere i seguenti adempimenti:

  • Segnalazione Certificata Inizio Attività (SCIA) che si ottiene presso lo Sportello Unico Attività Produttive del Comune competente per territorio;
  • rispetto delle norme HACCP, preferibilmente con personale formato presso la locale Azienda Sanitaria;
  • titolo autorizzativo per la vendita di cibo e bevande (eventualmente temporaneo se legato a singoli eventi) da richiedere al Comune competente per territorio insieme alla SCIA;
  • autorizzazione di idoneità sanitaria la cui richiesta avviene in automatico aprendo la pratica in Comune.

Cosa fare in caso di distribuzione di alimenti all’interno dei servizi

Il caso di distribuzione di alimenti all’interno di servizi si presenta quando gli Enti del Terzo Settore effettuano attività di distribuzione cibo e bevande, talvolta a pagamento, in situazioni non aperte al pubblico ma a precise categorie di persone, ad esempio gli utenti di un servizio diurno o residenziale, anche di durata limitata (un centro estivo per esempio).

Cosa fare: in caso di distribuzione di alimenti all’interno dei servizi:

  • SCIA di inizio attività, non legata alla solo attività di distribuzione di alimenti ma al servizio complessivo in cui è inserita;
  • autorizzazione di idoneità sanitaria la cui richiesta avviene in automatico aprendo la pratica in Comune;
  • rispetto delle norme HACCP, preferibilmente con personale formato presso la locale Azienda Sanitaria;

Inoltre, è fondamentale considerare che la gestione di un servizio alla persona può essere soggetto a particolari normative regionali o locali, le quali possono prevedere requisiti od obblighi specifici.

Spesso poi si tratta di servizi gestiti in seguito a convenzioni o accreditamento, atti che possono definire dettagliatamente le modalità di gestione, ad esempio requisiti igienici più stretti, menù particolari, formazione del personale.

Quali documenti presentare per richiedere l’autorizzazione sanitaria

Per richiedere l’autorizzazione sanitaria che permette la distribuzione di alimenti, Ai sensi dell’art. 26 del D.P.R. 327/1980, è necessario presentare insieme alla SCIA (Segnalazione Certificata Inizio Attività) la seguente documentazione (valida anche per Enti for profit):

  • il nome e la ragione sociale e la sede dell’Ente;
  • l’indicazione dell’ubicazione dello stabilimento o del laboratorio di produzione, preparazione e confezionamento o del deposito all’ingrosso;
  • l’indicazione per generi merceologici delle sostanze alimentari che si intendono produrre, preparare, confezionare o tenere in deposito;
  • la descrizione e gli estremi di deposito degli eventuali marchi depositati che valgano ad identificare l’Ente;
  • l’eventuale carattere stagionale delle lavorazioni;
  • l’indicazione del presumibile termine di approntamento dello stabilimento o del laboratorio di produzione, preparazione e confezionamento o del deposito all’ingrosso.

Le domande di richiesta dell’autorizzazione sanitaria debbono, inoltre, essere corredate:

  • dalla pianta planimetrica dei locali, in scala non superiore a 1: 500. In casi particolari potranno essere richieste piante più dettagliate;
  • dalla descrizione sommaria dei locali, degli impianti e delle attrezzature;
  • dall’indicazione relativa all’impianto di approvvigionamento idrico, alla idoneità della rete di distribuzione, nonché dalla documentazione sulla potabilità dell’acqua, qualora non si tratti di acquedotti pubblici;
  • dall’indicazione relativa all’impianto di smaltimento dei rifiuti solidi e liquidi, e, ove necessario, ai mezzi impiegati per la depurazione delle acque;
  • dall’indicazione dei sistemi scelti per assicurare la salubrità e la conservazione delle sostanze alimentari, nonché dalla documentazione di tali sistemi, ove richiesta;
  • da un esemplare degli eventuali marchi depositati.

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