Qual è, a suo avviso, l’elemento più innovativo/promettente della nuova legislazione del Terzo Settore (Codice del Terzo Settore, Impresa Sociale, 5×1000, Servizio Civile Universale)?
Sarò di parte visto il ruolo che ricopro e vista l’espressa menzione all’Associazione della Croce Rossa Italiana che contiene, ma direi senz’altro Codice del Terzo settore. Peraltro, considerazioni personali a parte, che il Codice di cui al d.lgs. n. 117/2017 sia lo strumento più innovativo tra quelli di cui alla riforma del Terzo settore lo comprovano anche gli effetti già percepiti a più di tre anni dall’entrata in vigore e quelli che sono ancora attesi e che verosimilmente coincideranno con la messa a regime del RUNTS.
Qual è, a suo avviso, l’elemento che più la preoccupa riguardo la nuova legislazione a del Terzo Settore?
A me non preoccupa la riforma in sé, che ho salutato con favore sin dal primo momento nonostante, per certi aspetti, significasse per la CRI rinunciare a qualcosa e “condividerlo” con le altre reti. A me preoccupano i tentativi di strumentalizzazione – procedimentale e processuale – che di questa riforma da più parti sono avanzati nel tentativo, per fortuna finora non realizzato, di forzare le maglie degli artt. 57 (trasporto in emergenza e urgenza) e 76 (contributo ambulanze) e in generale di quelle previsioni che sono state espressamente riservate dal legislatore, per una serie di motivazioni, alle sole organizzazioni di volontariato. La riforma va letta nel suo complesso e dunque i tentativi di correggere questa o quella disposizione rischiano di rivelarsi pericolosi e di tradire il senso complessivo del Codice.
Sostenibilità, trasparenza e democraticità sono gli assi principali su cui si è mossa la Riforma, crede che siano stati ben strutturati e articolati all’interno di essa? Tra questi, quali pensa debba essere maggiormente promosso tra gli enti del Terzo Settore?
Nel corso di questi ultimi tre anni, quando ho parlato della riforma al territorio l’ho esattamente tradotta in questi slogan: trasparenza, democraticità e, seppur in misura leggermente minore, sostenibilità. Credo infatti che i primi due siano i veri e propri perni della riforma e sull’effettività degli stessi che potrà misurarsi in concreto il livello di attuazione della riforma. In questo senso, tali dogmi coincidono con quelli sui quali l’Associazione ha improntato la sua “rinascita” post privatizzazione e a far data dal 2016. Infatti, anche prima del Codice, la CRI si era dotata di un’approfondita regolamentazione, applicabile anche ai suoi Comitati, finalizzata a garantire la democraticità dei suoi organi e la trasparenza delle sue attività. Credo che, tuttavia, il panorama del Terzo settore sia vasto ed eterogeneo e, con riferimento ai tre assi di cui si è detto, si registri ancora una forte sproporzione soprattutto sul versante della trasparenza.
Qual è stato il ruolo della sua rete/ente nell’informare e comunicare agli associati le principali novità, opportunità ed adempimenti della riforma del Terzo settore?
L’Associazione della Croce Rossa Italiana si è attivata sin dal primo momento per dare adeguata diffusione alla riforma del Terzo settore e per rendere note sul territorio le novità. Infatti, sin dagli albori del 2018 (ricordo ancora l’Assemblea del gennaio 2018 incentrata quasi esclusivamente sul tema) ha avviato il processo di adeguamento dello Statuto nazionale e degli Statuti – tipo dei Comitati al Codice, concludendo il processo nel dicembre 2019 e, dunque, ben prima del termine massimo fissato al 31 marzo 2021. Al tempo stesso, ha avviato e portato avanti un’azione capillare di formazione sul territorio e periodicamente oggetto di aggiornamento, attivando un apposito Desk a ciò precipuamente deputato.
Quanto è stato impegnativo seguire l’evoluzione della Riforma del Terzo Settore?
È stato senza dubbio impegnativo anche perché, per l’Associazione, ha coinciso con gli anni della sua radicale trasformazione: da ente pubblico non economico ad associazione di diritto privato, da associazione di promozione sociale ad organizzazione di volontariato. A tal proposito, credo che la parte “più difficile” sia stata fatta. Ora occorre presidiare i risultati raggiunti e concentrarsi sulle imminenti sfide: il RUNTS e il bilancio sociale. In questi anni abbiamo tracciato la strada in entrambi i versi e nel corso dell’anno avremmo in tal senso i primi “banchi di prova”.
L’avvio della riforma è stata l’occasione per un ripensamento della missione oltre che di un adeguamento della struttura giuridico e organizzativa della sua associazione?
Come ho già avuto modo di dire nelle domande precedenti, la riforma ha coinciso temporalmente con gli anni del grande cambiamento di forma giuridica della Croce Rossa Italiana. Infatti, dismessi i panni dell’ente pubblico, a far data dal 2016 l’Associazione è stata trasformata ex lege in ente di diritto privato ed ha dovuto misurarsi, sul piano giuridico e pratico, con la nuova forma giuridica. Pertanto l’adeguamento, giuridico ed organizzativo, al Codice del Terzo settore ha coinciso con una riorganizzazione generale e per così dire strutturale. Diciamo che tale coincidenza ha contribuito a dare alla nuova Associazione di diritto privato una sua identità inquadrandola pienamente nel panorama del Terzo settore e, precisamente, delle organizzazioni di volontariato organizzate sotto forma di “reti associative nazionali”.
Ritiene che gli art.55 e 56 del CTS , nonché la recente sentenza n.131/2020 della Corte costituzionale possano aprire per la sua organizzazione nuove opportunità di dialogo istituzionale nonché l’avvio degli strumenti di co-programmazione e co-progettazione con la Pubblica Amministrazione?
Io sono personalmente un grande sostenitore degli artt. 56 e 57 del d.lgs. n. 117/2017 e delle forme di interlocuzione con i soggetti pubblici che tali norme prevedono. In alternativa al Codice dei contratti pubblici, che talvolta mal si confà – con le sue strettoie – alla materia in oggetto, ma pur sempre nel solco dei suoi principi generali. Gli strumenti di co-programmazione e co-progettazione consentono, infatti, di addivenire alle convenzioni con gli enti del terzo settore nel pieno rispetto dei principi di imparzialità e parità di trattamento e, al contempo, di calibrare il servizio alle reali esigenze degli utenti e, dunque, del pubblico. Quello che mi desta preoccupazione è l’attacco giudiziario che dette norme e, in particolare, l’art. 57 stanno subendo. Infatti, a distanza di tre anni dall’entrata in vigore del Codice del Terzo settore, sono innumerevoli le questioni di costituzionalità e di compatibilità con il diritto europeo che tale norma ha sollevato. E’ di qualche giorno fa la notizia dell’ennesima rimessione alla Corte di giustizia della compatibilità con il diritto europeo dell’art. 57 nella parte in cui riserva alle sole organizzazioni di volontariato facenti parte di una rete la priorità nell’affidamento diretto in materia di emergenza e urgenza. Finora nessuna di tali questioni ha inficiato la piena legittimità della norma e del sistema cui dà luogo. Tuttavia, il contenzioso attivato ha compromesso la certezza del diritto in un ambito delicato quale è quello dei servizi sanitari e così facendo, ha compromesso la stabilità sistemica, ponendo le amministrazioni e le organizzazioni di volontariato in una posizione di incertezza e, al contempo, rendendo gli affidamenti disposti oggettivamente precari.
Le regole e gli adempimenti previsti per l’iscrizione al RUNTS saranno secondo lei uno sprone al miglioramento gestionale degli enti ed alla trasparenza verso le istituzioni ed i cittadini?
L’ho detto dal primo momento e continuo a ripeterlo oggi che siamo, per così dire, alla vigilia: finché non entra in vigore il RUNTS la riforma del Terzo settore non può dirsi compiuta. Il RUNTS è il vero caposaldo della riforma, l’istituto che può render nei fatti il terzo settore “unico” e complessivamente “trasparente”, rendendo omogenee, verificabili e digitali le condizioni di accesso. Oramai ci siamo: ad aprile la macchina, già esistente sulla carta, dovrebbe essere messa in modo e funzionare e dunque rendere effettivamente unitaria la gestione del Terzo settore e, al contempo, rendere effettivamente pubblico l’universo che lo compone.
La Riforma ha previsto la nascita delle “reti associative”. Come valuta questa innovazione? E in che modo le reti associative potranno assolvere ai nuovi compiti a loro attribuiti?
Uno dei meriti del Codice del Terzo settore è, senza dubbio, quello di avere dato una dignità giuridica e, dunque, valorizzato, le reti associative e dunque quei soggetti che, oltre ad essere essi stessi enti del terzo settore, sono collettori di una pluralità di enti ad essi “aderenti”. Scopo delle reti è quello di promuovere un modello di buona amministrazione del terzo settore e quindi garantire uno standard di qualità attraverso monitoraggi, controlli, verifiche. È il modello dell’autocontrollo, o anche – come mi piace ricostruirlo – della delega a un soggetto privato di funzioni pubbliche. L’Associazione della Croce Rossa Italiana, al pari di Anpas e Misericordie, e quindi delle organizzazioni di “organizzazioni”, è storicamente una “rete”, ancor prima che il Codice del Terzo settore le attribuisse formalmente tale etichetta. Tuttavia, da tale status, che acquisirà valenza formale con il RUNTS, conseguono rilevanti obblighi e significative responsabilità. Le reti potranno assolvere correttamente il loro ruolo a condizione che (i) sia svolta una verifica seria e penetrante sulla sussistenza dei requisiti per la configurazione di un soggetto quale Rete; (ii) la Rete stessa, una volta qualificata come tale, sia sottoposti a importanti controlli e verifiche periodiche dell’Ufficio Statale del RUNTS. Non mi piace pensare a uno Stato di polizia ma, soprattutto in questa prima fase, è importante che la qualifica di Rete resti appannaggio elitario e non sia alla mercè di chiunque voglia beneficiare di alcune previsioni che sono riservate alle stesse (ancora una volta, soprattutto, l’art. 57). Se il panorama delle Reti è solido, infatti, in benefici sono sistemici.
Reputa opportuni e necessari un monitoraggio e una valutazione continuativi dello stato di attuazione della riforma del terzo settore?
Assolutamente sì, il monitoraggio è fondamentale. Così come è decisiva la progressiva attuazione, rimessa a regolamenti e decreti ministeriali, delle previsioni ancora incomplete. E mi riferisco, in particolare, alle norme fiscali. Da un’indagine, proprio di Terjus, ho letto un dato allarmante: complessivamente, nel periodo 2018-2020, gli enti del Terzo settore hanno visto sfumare circa 62 milioni di facilitazioni fiscali e tale cifra nel 2021 rischia di superare i 100 milioni di euro. A mio avviso in proposito svolgono un ruolo decisivo il Ministero del Lavoro, il Consiglio Nazionale del Terzo settore e la – finora inerte – Cabina di Regia, anche in un’ottica di necessario raccordo con il livello regionale. A tal fine sarà decisivo verificare anche come le Regioni reagiranno al Registro Unico Nazionale del Terzo settore e quanto uniforme sarà la prassi applicativa.
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