Riforma in Movimento: intervista a Giovanni Quaglia

Giovanni Quaglia
INTERVISTA A
Giovanni Quaglia
Presidente Fondazione CRT

All’interno del progetto di ricerca "Riforma in Movimento" si vuole andare a creare un dialogo con le istituzioni per accompagnare la Riforma del Terzo Settore nella sua crescita il più possibile positiva e adeguata alle necessità del Settore. Il Prof. Giovanni Quaglia, Presidente della Fondazione CRT, in questa intervista analizza la Riforma dal punto di vista privilegiato delle Fondazioni di Origine Bancaria.

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Per iniziare, cosa ne pensa in generale delle Riforma? 

L’opinione non può che essere positiva. Per quanto possa essere migliorabile, la Riforma del Terzo Settore è orientata a riordinare un quadro normativo estremamente complesso, frammentato e, a volte, datato, che si era sviluppato nel tempo in modo piuttosto caotico per linee autonome. Non bisogna peraltro trascurare che l’organicità della Riforma rappresenta un forte riconoscimento da parte dello Stato del mondo del Terzo Settore. Il percorso di riforma si muove su livelli fortemente articolati, su piani molteplici e riguarda soggetti assai eterogenei. Notevole dovrà essere quindi lo sforzo futuro per mantenere il più possibile coordinato e armonico il quadro di insieme che si è voluto perseguire. La Riforma ha preso ormai avvio ma, inevitabilmente, vedrà evoluzioni e affinamenti che abbracceranno un arco temporale di diversi anni. In particolare, tutti gli Enti Non Commerciali sono stati obbligati a interrogarsi per capire quale comportamento adottare in relazione alle novità introdotte dalla Riforma. Riuscire a entrare nel novero degli ETS e ottenere l’iscrizione al RUNTS porta infatti con sé benefici e aspetti premianti (in termini fiscali, operativi, di riconoscibilità/status/garanzia vs. terzi, ecc.). Inoltre, è stata data una nuova organizzazione al sistema di supporto dei volontari e delle ODV chiarendo meglio ruoli e compiti e perseguendo l’obiettivo di una maggiore omogeneità a livello nazionale.

 

Qual è, a suo avviso, l’elemento più innovativo/promettente della nuova legislazione del Terzo settore (Codice del Terzo Settore, Impresa Sociale, 5×1000, Servizio Civile Universale)?

Il principio costituzionale della sussidiarietà orizzontale è stato introdotto nel 2001 all’articolo 118 con la revisione del Titolo V della Costituzione: gli articoli 55 e 56 del CTS sono la prima applicazione pratica di questo principio. L’art. 55 infatti obbliga per la prima volta le amministrazioni pubbliche a coinvolgere attivamente gli ETS nelle proprie attività di programmazione e organizzazione. La recente sentenza della Corte Costituzionale 131/2020 va nella direzione di favorire un rapporto strutturato tra stakeholders, Amministrazioni Pubbliche e Fondazioni. Infatti, la Corte Costituzionale, nel chiarire quali soggetti sono effettivamente coinvolgibili nelle procedure di co-programmazione e co-progettazione, sottolinea la rilevanza dei corpi intermedi, espressione delle libertà sociali, nel concreto perseguimento della promozione delle comunità territoriali

«Si è quindi voluto superare l’idea – si legge nella sentenza – per cui solo l’azione del sistema pubblico è intrinsecamente idonea allo svolgimento di attività di interesse generale e si è riconosciuto che tali attività ben possono, invece, essere perseguite anche da una ‘autonoma iniziativa dei cittadini’[…]»

Le Fondazioni sono quindi interlocutori che, per competenza e esperienza nel rapporto con gli ETS, possono svolgere un ruolo di snodo fondamentale:

  • promuovendo in modo più propositivo sedi di co-programmazione;
  • individuando aree di intervento dove sviluppare esperimenti di co-programmazione e co-progettazione con forti contenuti di innovazione; 
  • sviluppando programmi orientati a favorire la destinazione delle risorse di recovery che la programmazione europea affiderà ai governi nazionali e locali;
  • attuando su basi normative finalmente definite forme di investimento vere e proprie sull’imprenditorialità degli ETS.

 

Qual è, a suo avviso, l’elemento che più la preoccupa riguardo la nuova legislazione /riforma del Terzo Settore? 

Il timore è che presto ci si dimentichi di chi fa parte del mondo del Terzo Settore ma che, per diversi motivi, non ha trovato collocazione specifica nel Codice. Mi riferisco in particolare alle Fondazioni di origine bancaria. Il legislatore, con la Legge 6 giugno 2016 n. 106, ha delegato il Governo ad attuare una riforma organica del Terzo Settore, dell’impresa sociale e della disciplina del servizio civile universale disponendo all’articolo 1 che: 

«Al fine di sostenere l’autonoma iniziativa dei cittadini che concorrono, anche in forma associata, a perseguire il bene comune, ad elevare i livelli di cittadinanza attiva, di coesione e protezione sociale, favorendo la partecipazione, l’inclusione e il pieno sviluppo della persona, a valorizzare il potenziale di crescita e di occupazione lavorativa, in attuazione degli articoli 2, 3, 18 e 118, quarto comma, della Costituzione, il Governo è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi in materia di riforma del Terzo settore. Per Terzo settore si intende il complesso degli enti privati costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale e che, in attuazione del principio di sussidiarietà e in coerenza con i rispettivi statuti o atti costitutivi, promuovono e realizzano attività di interesse generale mediante forme di azione volontaria e gratuita o di mutualità o di produzione e scambio di beni e servizi. Non fanno parte del Terzo settore le formazioni e le associazioni politiche, i sindacati, le associazioni professionali e di rappresentanza di categorie economiche. Alle fondazioni bancarie, in quanto enti che concorrono al perseguimento delle finalità della presente legge, non si applicano le disposizioni contenute in essa e nei relativi decreti attuativi

Tale disposizione di legge riveste particolare importanza per il mondo che rappresento, perché legittima le Fondazioni di origine bancaria quali soggetti che perseguono, insieme con lo Stato, le finalità citate, così altamente meritorie da avere tutela costituzionale. Di fatto, mentre per gli altri soggetti privati diversi dalle Fondazioni di origine bancaria il concorso alla realizzazione delle sopra ricordate finalità avviene in modo indiretto mediante il prelievo fiscale, per le Fondazioni di Origine Bancaria (FOB) l’intervento è sia indiretto che diretto per il tramite delle erogazioni liberali effettuate. In tale prospettiva, misure fiscali in favore delle Fondazioni di origine bancaria non rappresenterebbero quindi né un’agevolazione né un aiuto di Stato, ma una forma di compensazione del contributo diretto di tali enti per lo svolgimento di servizi di carattere sociale che lo Stato non rende. Ne è un ulteriore esempio la giusta attenzione normativa riconosciuta agli ETS con gli articoli 55 e 56 del Codice. Tale previsione non può riguardare le Fondazioni di origine bancaria (escluse ex lege dal novero degli ETS) ma appare piuttosto evidente che gli scopi perseguiti da queste possano a ragione meritare analoghe specifiche attenzioni normative.

 

Con l’istituzione del RUNTS, ritiene che l’attività erogativa e progettuale delle FOB possa essere facilitata e meglio finalizzata?

Sì, se lo vediamo nel quadro di una maggiore chiarezza degli ambiti nei quali le FOB agiscono abitualmente e sui soggetti che ne sono abituale controparte.

 

La Riforma ha previsto una sostanziale revisione dei CSV. Come valuta questa innovazione legislativa che vede coinvolte direttamente anche le FOB? E che percezione ha del processo in corso di trasformazione dei CSV?

Le FOB hanno ora un ruolo centrale, non più solo di meri finanziatori dei CSV. Ci vorrà tempo per vedere gli effetti a regime, ma una razionalizzazione del sistema dei CSV non era più procrastinabile.

 

Il CTS introduce una nuova categoria di ETS: gli enti filantropici. Ritiene che questa innovazione possa favorire ed allargare l’intervento delle FOB di sostegno alle attività degli enti beneficiari di interventi filantropici?

In linea generale la previsione di nuovi strumenti operativi e di azione può sempre ritenersi un aspetto positivo perché può rivelarsi utile.

 

La Riforma ha introdotto per la prima volta strumenti di finanza sociale (titoli di solidarietà, social lending, ecc.). In attesa della loro messa in opera, pensa che le FOB potranno avvalersi ed incoraggiare l’uso di tali strumenti?

Come detto, in linea generale la previsione di nuovi strumenti operativi e di azione può sempre ritenersi un aspetto positivo perché può rivelarsi utile. In particolare, mi sembra che i nuovi strumenti di finanza sociale completino il panorama degli strumenti finanziari attivabili per sostenere il mondo del non profit.

 

Il dlgs 112/2017 ha modificato sostanzialmente la disciplina che regola e promuove l’impresa sociale. Come considera tale cambiamento? E ritiene che le FOB possano avvalersi di tale nuova disciplina per promuovere e controllare imprese sociali quali enti strumentali per perseguire i propri scopi istituzionali?

Le imprese sociali non rappresentano una novità, perché nascono con la legge 155 del 2006 ma, fino ad ora, hanno trovato scarsa diffusione. L’obiettivo era quindi di dare nuovo impulso all’adozione di questo strumento operativo affinché diventi il modello di riferimento per il settore non profit produttivo. Le FOB sono da sempre attente a tutte le possibilità offerte dalla normativa per portare a compimento i propri scopi statutari, quindi non escludo che talune FOB possano decidere di utilizzare tale strumento.

 

Reputa opportuni e necessari un monitoraggio e una valutazione continuativi dello stato di attuazione della Riforma del Terzo settore?

La Riforma abbraccia ambiti, soggetti e attività estremamente eterogenei e prevede tempistiche di attuazione dilatate e assai complesse. Lo sforzo messo in atto per codificare tutto ciò è stato veramente notevole, ma il compito non può ritenersi esaurito. Sarà fondamentale monitorare la sua attuazione per preservare il coordinamento perseguito e per porre rimedio alle inevitabili correzioni che emergeranno con la sua concreta applicazione o che si renderanno necessarie in futuro. Non bisogna peraltro dimenticare che il Codice, per quanto sia già di per sé una norma molto articolata e complessa, presuppone un assetto finale che conserva l’esistenza di molteplici regolamentazioni parallele. Inoltre, saranno numerosi gli enti che non saranno iscritti al RUNTS, vuoi per esplicita esclusione normativa (FOB, associazioni sindacali e di categoria, partiti politici, enti aventi natura pubblica, ecc…) vuoi perché decideranno autonomamente di non iscriversi al Registro (per ragioni dimensionali, di opportunità o altro). Un fenomeno che non potrà essere trascurato.

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