Riforma: intervista a Parmigiani, Consigliere delegato e Direttrice di Fondazione Unipolis

Maria Luisa Parmigiani
INTERVISTA A
Maria Luisa Parmigiani
Consigliere delegato e Direttrice di Fondazione Unipolis

La Riforma riconosce al Terzo Settore una dignità economica e mette al centro gli enti che anche in questo senso esprimono la loro valenza sociale: nella sua intervista per il progetto Riforma in Movimento, la Direttrice e Consigliere Delegato di Fondazione Unipolis condivide la sua esperienza e visione sul cambiamento in atto.

Per iniziare, cosa ne pensa in generale delle Riforma?

La Riforma ha la straordinaria positività di unificare l’intero impianto normativo, andando a creare uno strumento che ci permette di sviluppare e gestire soggetti diversi tra loro che fino ad oggi operavano seguendo percorsi differenti e distaccati. Un secondo elemento altrettanto importante è il fatto che la Riforma chiarisca in modo appropriato i confini del Terzo Settore. Andando un po’ più nello specifico, possiamo identificare come un ulteriore aspetto interessante e positivo della Riforma il fatto di aver dotato il Terzo Settore di una dignità economica. Fino ad oggi, il Terzo Settore era percepito come un magma di interlocutori “buoni ma eventuali”, benché venisse diffuso il messaggio della centralità degli Enti del Terzo Settore nella gestione e produzione del welfare, non si era mai arrivati ad un vero e proprio riconoscimento ufficiale in materia.

 

Qual è, a suo avviso, l’elemento più innovativo/promettente della nuova legislazione sul Terzo Settore (Codice del Terzo Settore, Impresa Sociale, 5×1000, Servizio Civile Universale)?

È proprio il fatto che gli ETS in qualche modo adesso possono fare attività economica. Prima era una forzatura, un muoversi negli interstizi. Bisogna però stare molto attenti alla strumentalità che deve avere questa attività economica rispetto alla valenza sociale che deve comunque caratterizzare gli ETS. Dobbiamo gestire questo strumento innovativo con estrema cautela, perché risolvendo quelle che in qualche modo erano i potenziali equivoci della gestione precedente, bisogna assicurarci che in realtà vada in una logica di maggiore trasparenza o a una trasparenza che enfatizzi la valenza sociale di un’organizzazione. Un altro elemento promettente riguarda la previsione di una maggiore connessione tra gli ETS, i loro stakeholders e la società. Passiamo da una valutazione etica dell’attività degli ETS a una valutazione di natura decisamente più funzionale e collegata a quello che è il sottotema dell’impatto, dove gli ETS sono considerati “buoni” per la loro capacità di produrre un impatto positivo e la capacità di includere e far co-partecipare i propri stakeholder. 

 

Qual è l’elemento che più la preoccupa riguardo la nuova legislazione sul Terzo Settore?

Il tema della rendicontazione. Io ho un estremo terrore di tutti i processi rendicontativi che diventano pura compliance. I processi rendicontativi in realtà hanno efficacia, e diventano motori e leve del consolidamento della cultura organizzativa ed identitaria, e di sviluppo di processi strategici, nel momento in cui il processo di accountability è quanto più governato dal management dell’organizzazione, perché a quel punto diventa effettivamente uno strumento di accompagnamento della definizione identitaria, strategica, e della misurazione dei risultati attesi. Più noi andiamo invece a strutturarla come uno strumento di adempimento normativo, più si svalorizza completamente il processo trasformativo, e questo mi fa un po’ paura.  

 

Con l’istituzione del Runts, ritiene che l’attività erogativa e progettuale delle FOB possa essere facilitata e meglio finalizzata?

Sicuramente il RUNTS aiuta perché rende i processi più trasparenti, i soggetti più rintracciabili, quindi da questo punto di vista secondo me è sia uno strumento di facilitazione perché codifica, sia di supporto nei processi decisionali, nel senso che diventa un luogo in cui tu trovi l’informazione.

 

La riforma ha introdotto per la prima volta strumenti di finanza sociale (titoli di solidarietà’, social lending, ecc.). In attesa della loro messa in opera, pensa che le FOB potranno avvalersi ed incoraggiare l’uso di tali strumenti?

Considero molto positiva la creazione di nuove opportunità di finanza sociale, ma la vera sfida sta nel trasformare queste opportunità in veri e propri strumenti efficaci a supporto dello sviluppo e della crescita del Terzo Settore. Per riuscire in questo bisogna andare da una parte a lavorare sull’alfabetizzazione finanziaria dei soggetti che andrebbero a costruire la domanda, ovvero gli ETS, e su questo reputo che gli enti di secondo livello ricoprano il ruolo fondamentale di aggregatori della domanda. Dall’altra parte bisogna andare a fornire gli strumenti necessari per comprendere l’offerta finanziaria da parte di chi la propone, di chi mette le risorse economiche a disposizione del Terzo Settore. Affinché il “prodotto” di finanza sociale venga investito bisogna che chi funge da intermediario sia molto informato, per riuscire a posizionarlo efficacemente sul mercato, altrimenti si continuano a creare bellissime opportunità ma senza proporre soluzioni efficaci.

 

Reputa opportuni e necessari un monitoraggio e una valutazione continuativi dello stato di attuazione della riforma del terzo settore?

Ci sono vari aspetti che vanno monitorati secondo me. Uno molto importante è la trasformazione derivata dai decreti attuativi in azioni specifiche, ovvero andare a monitorare quanto queste trasformazioni hanno effettivamente modificato le attività degli Enti del Terzo Settore. 

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