Per realizzare le loro attività di cooperazione internazionale, le ONG, ed in generale le OSC (organizzazioni della società civile che ricomprendono le “storiche” ONG), hanno fin dall’inizio inviato proprio personale che permettesse loro di agire “sul campo” ed operare direttamente.
Questo personale venne chiamato “volontario espatriato” ma nella realtà – come consentito dalla legge – si trattava e si tratta ancora di personale retribuito. Per questa ragione, al comma 7 dell’articolo 17 del Codice del Terzo Settore, il legislatore ha espressamente previsto che “Le disposizioni di cui al presente titolo non si applicano … al personale impiegato all’estero a titolo volontario nelle attività di cooperazione internazionale allo sviluppo …“. A conferma di ciò, con DM del 16 dicembre 2015 il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha determinato i compensi convenzionali per il personale impiegato all’estero da organizzazioni della società civile e altri soggetti senza finalità di lucro nelle attività di cooperazione internazionale allo sviluppo.
Dato che in queste realtà vi sono altri soggetti che realizzano vere e proprie attività di volontariato (non sono pagati) per periodi più o meno lunghi, si ritiene che per il tenore del citato comma 7 neppure in questo caso si possano applicare le disposizioni degli art 17, 18 e 19 del Codice del terzo settore. La maggiore conseguenza è che non sussista l’obbligo assicurativo secondo le disposizioni del Codice; indipendentemente dal Codice, non vi è ONG che non assicuri – seguendo criteri di massima tutela e prudenza – i propri volontari in missione all’estero.
Per le ONG e le OSC in generale rimane valida la prescrizione del Codice riguardante i volontari che agiscono sul territorio nazionale per le attività – sempre più numerose – che le organizzazioni promuovono.
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