Come scegliere a chi donare

Scritto da
Giulia Frangione

Rilevanza, efficacia, efficienza, resilienza e grado di apertura: ecco le dimensioni su cui valutare gli enti non profit quando chiedono fondi.

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Sostenere un ente col cuore non è incompatibile con la ricerca di fatti e di dati oggettivi, e dovrebbe essere compito delle organizzazioni far maturare nei propri sostenitori l’esigenza di saperne di più su loro stesse, per rendere il legame più solido e duraturo.

Gli enti non profit sono gli intermediari di fiducia, tra chi dona (i cittadini) e chi riceve (i beneficiari) ed è a loro che affidiamo la risoluzione di un problema che tocca la società (sfida sociale). Nel prendersi carico della risposta a quel bisogno, l’ente accetta di rendersi accountable anche attraverso dati oggettivi, facendo sentire a proprio agio il donatore nella decisione di sostenerla.

Ecco un elenco di domande utili per orientare la donazione, una traccia per il cittadino, più che una ricetta preconfezionata, un indice di ispirazione per chi vuole sostenere un ente e desidera chiarezza, maggiore coinvolgimento, e una conoscenza più approfondita per una scelta donativa consapevole.

Così come i donatori, anche gli enti non sono tutti uguali: ogni domanda va contestualizzata all’ambito di attività e all’ente che si desidera sostenere, in modo da comprendere le effettive potenzialità – su cui misuriamo le aspettative – di ogni singola organizzazione.

L’elenco non si propone come esaustivo o deterministico, ma riporta alcune delle più importanti caratteristiche degli enti, esplorate attraverso delle semplici domande, e sono solo quelle che abbiamo elaborato con Italianonprofit.it: piattaforma indipendente che orienta il donatore nella scelta degli enti non profit, attraverso contenuti, analisi e schede dedicate alle singole organizzazioni.

RILEVANZA

  • L’organizzazione persegue con le sue attività, campagne, progetti ciò che per me è importante? Si occupa di cose che a me stanno a cuore? Ciò che l’ente fa mi tocca? Mi ritrovo nelle parole che usa?
  • Trovo adeguati i metodi che utilizza per comunicare e raggiungere gli obiettivi?
  • Condivido il suo modello di intervento (la sua idea di come cambiare le cose in meglio) e le sue idee in merito a come affrontare le sfide sociali?

EFFICACIA

  • L’ente con il proprio operato fa la differenza per un numero di soggetti che reputo consistente?
  • Quello che fa serve a qualcuno? Rispetta il suo mandato migliorando l’angolo di mondo nel modo in cui dice di farlo?
  • L’ente conosce a fondo il bisogno su cui opera?
  • Ottiene dei risultati, li misura ed è in grado di comunicarli?
  • Quando non riesce a raggiungere i risultati attesi, racconta ai donatori le motivazioni? Avvia dei percorsi differenti per raggiungere quei risultati? È all’altezza delle sfide?
  • L’ente misura e studia i cambiamenti prodotti? Dai materiali dell’ente, dal suo sito (se ne ha uno) o da una interazione diretta, mi è chiaro quali sono le attività, i servizi, i progetti in corso e chi fa che cosa all’interno di questi?

 EFFICIENZA E SOSTENIBILITÀ

  • La dimensione economico-finanziaria dell’ente è consona a ciò che deve fare?
  • Le risorse che operano all’interno dell’ente hanno le competenze necessarie oltre che la volontà per svolgere bene i propri compiti?
  • Gli obiettivi che l’ente si pone sono commisurati alle sue capacità di raccolta e di gestione delle donazioni ricevute?
  • L’ente diversifica le entrate in modo adeguato al contesto in cui lavora oppure l’esistenza stessa dell’ente dipende da pochi donatori? E in che modo l’ente si prepara a resistere ad eventuali difficoltà?
  • La struttura dei suoi investimenti rispecchia l’ambito in cui opera?

RESILIENZA

  • L’ente è flessibile al cambiamento e migliora nel tempo?
  • Ha aggiornato il suo modo di lavorare e di comunicare in linea con i cambiamenti avvenuti nella società?
  • Ha aggiornato il suo modello di intervento in base alle evoluzioni del bisogno che intende soddisfare?
  • L’ente rischia, investe e trova soluzioni innovative ai problemi?
  • L’ente si mette in discussione, si rinnova, forma i suoi dipendenti con corsi e competenze per affrontare meglio le sfide?
  • Gestisce i volontari come una risorsa strategica preziosa?
  • La governance dell’ente è adeguata al suo mandato?

PROATTIVITÀ

  • L’ente è raggiungibile e aperto ai donatori? Comunica con loro attraverso i canali online e offline?
  • Collabora con altre organizzazioni? Costruisce legami e coltiva relazioni con le comunità e i territori in cui opera?
  • Raccoglie i feedback dei beneficiari e più in generale degli stakeholders? Coinvolge in qualche misura i propri donatori rispetto alla mission e alle singole attività?
  • Coinvolge tutti i soggetti del suo ecosistema tenendo in considerazione anche punti di vista differenti? Si apre all’esterno, a buone prassi internazionali che riguardano il suo bisogno che potrebbe essere utile replicare?

GRADO DI APERTURA

  • L’ente risponde alle richieste di trasparenza? È iscritto ad Italia non profit o a una qualsiasi altra piattaforma indipendente che rende accessibili le informazioni degli enti?
  • Comunica in modo chiaro la sua governance, il modo in cui opera, la gestione dei fondi, e i suoi valori di fondo?
  • L’organizzazione rende disponibili i suoi documenti costitutivi, i bilanci annuali?
  • Ringrazia e coinvolge i donatori dopo una donazione?
  • Rende noti i risultati ottenuti con numeri, immagini, dati e video?
  • Fa conoscere la sua affidabilità e la rende facilmente accessibile a tutti?
  • Ha al suo interno persone che ci mettono la faccia e sono pronti a raccontare tutto il necessario in caso di richiesta?

Non si pensi comunque di poter applicare modelli standard e chiavi di lettura pronte all’uso e valide per tutto il Terzo Settore. Il famoso rapporto tra “fondi destinati alla causa” e “fondi destinati alle spese di gestione”, se preso senza contesto, è un’erronea semplificazione: ci sono cause che richiedono investimenti iniziali o periodici più ingenti rispetto ad altre. Ci sono anni nei quali è necessario investire in formazione più di quanto si sia fatto in passato. Altra questione, le categorie di enti (ad esempio Onlus come qualifica fiscale, o Ong). Non ve ne sono di più “buone” e “sicure”, o peggio di “poco efficaci e efficienti” di per sé.

Ancora. Gli enti possono impiegare lavoratori, oltre a volontari. Retribuire meno i lavoratori di questo settore rispetto agli altri, non è sintomo di virtuosità dell’ente, perché può essere un freno all’attrazione di talenti dal cui operato dipende il benessere delle comunità e dei territori. In ugual modo “se si spende tanto in pubblicità allora si sottraggono risorse alla causa e ai beneficiari”: non è un metro adeguato perché non considera l’importanza di una buona comunicazione sia per il reperimento di nuove risorse che per l’opera necessaria di sensibilizzazione.

A volte si dona perché si conosce direttamente la causa o persino l’ente. Si dona anche quando vediamo che l’ente – che non conosciamo – sa raccontare bene la sua storia che può non interessare il nostro vissuto, ma che viene rappresentata con serietà, dati, prospettive, e sulla base di queste ci fa intuire un futuro al quale speriamo di appartenere. Doniamo se l’ente dimostra che gli obiettivi che ha raggiunto sono importanti in quanto hanno migliorato una parte di Mondo che per noi conta. E dell’efficienza meramente bilancistica del singolo anno ci importa poco, dato che siamo più propensi a giudicare l’efficacia nei lustri nel rispetto di una buona amministrazione delle risorse. E infine notiamo che l’ente invita i propri donatori a visitare i luoghi nei quali svolge l’attività, e coinvolge community, perché ha bisogno che altri portino certe consapevolezze ai quattro angoli della Terra.

Questi, sono solo alcuni dei principi con i quali si può immaginare di orientare una donazione: vicinanza ai propri problemi o alle proprie aspirazioni, serietà e incisività della comunicazione, efficacia dell’agire, coinvolgimento degli stakeholder. Ognuno deve scegliere i suoi, per un dono sempre più convinto e gioioso, vissuto da un lato come atto di ispirazione ed emozione, dall’altro, come atto di allocazione consapevole delle proprie risorse.

Articolo pubblicato il 22 ottobre 2017 su Il Sole 24 Ore Nòva

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Giulia Frangione
CEO e Cofounder di Italia non profit
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