Riforma: intervista a Borrelli, Presidente di Amesci

Enrico Maria Borrelli
INTERVISTA A
Enrico Maria Borrelli
Presidente nazionale di Amesci

Il Servizio Civile, un terreno di impegno importante del Terzo Settore che rappresenta una delle innovazioni della Riforma: nella sua intervista per il progetto Riforma in Movimento, il Presidente di Amesci condivide la sua esperienza e visione sul cambiamento in atto.

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Qual è, a suo avviso, l’elemento più innovativo/promettente della nuova legislazione sul Terzo Settore (Codice del Terzo Settore, Impresa Sociale, 5×1000, Servizio Civile Universale)?

In generale, tutta l’impostazione di fondo della norma, poiché tende ad armonizzare l’eterogeneo mondo del Terzo Settore, con un’ispirazione assolutamente apprezzabile. Si è inteso dare organicità a tutto il mondo del non profit, nelle sue diverse sfaccettature, oltre che un aggiustamento di tutti i vari ambiti del Terzo Settore. Più in dettaglio, indiscutibilmente lo è anche la novità del servizio civile universale, poiché rappresenta un terreno di impegno importante del Terzo Settore, creando la possibilità di approfondire una serie di interventi generali sulle politiche relative alla gestione di questo strumento.

 

Qual è l’elemento che più la preoccupa riguardo la nuova legislazione sul/riforma del Terzo Settore? 

La mia preoccupazione si concentra sul Codice del Terzo Settore, ma poi sfocia a cascata su altre parti della riforma, ed è il fatto che non si sia riusciti a riconoscere pienamente l’attività non lucrativa come attività di interesse realmente generale, e quindi necessariamente di carattere non commerciale. Molto spesso le riforme sono accompagnate da una forte attenzione alle possibilità di inganno, ai “furbi” della situazione, che però numericamente risultano essere sempre molto inferiori rispetto ai soggetti corretti, e la riforma del terzo settore non è stata da meno. Questo fa ricadere su ognuno di noi una serie di oneri che in realtà non sarebbero necessari e che inevitabilmente gravano sulla quotidianità di tutti. Quindi un codice del terzo settore, che se da un lato apre alla possibilità di riconoscere come attività di interesse generale quello che fa il terzo settore, dall’altra parte ne chiede una verifica non sempre congrua e congruente e ponendo determinati obblighi di verifica e una serie di limiti. Questo in un qualche modo mette a rischio il terzo settore. Agli enti del terzo settore si richiede di applicare una logica di impresa, più manageriale, ma allo stesso tempo vengono frenate e limitate.

Sostenibilità, trasparenza e democraticità sono gli assi principali su cui si è mossa la Riforma, crede che siano stati ben strutturati e articolati all’interno di essa? Tra questi, quali pensa debba essere maggiormente promosso tra gli enti del Terzo Settore?

La trasparenza è senza dubbio un elemento importante, però non trovo che lo stato dovesse entrare così nel merito degli obblighi di trasparenza di un’organizzazione estroflessi verso tutta la comunità. La trasparenza verso lo stato, quindi da un punto di vista giuridico, fiscale, contributivo, e via dicendo, è assolutamente imprescindibile, quella nei confronti della comunità la trovo in parte utile e in parte inutilmente eccessiva, fino al punto da poter risultare addirittura nociva. Penso che il tema della sostenibilità sia quello che deve essere maggiormente promosso. Sul lato della sostenibilità ambientale e sociale reputo che la riforma abbia agito anticipando anche i tempi rispetto all’attuale panorama politico, mi auspico che adesso ci si concentri maggiormente sulla sostenibilità economica.

 

Qual è stato il ruolo della sua rete/ente nell’informare e comunicare agli associati le principali novità, opportunità ed adempimenti della riforma del Terzo settore?

Le parlo sia come rappresentante di Amesci che del Forum Nazionale del Servizio Civile. Nella fase istruttoria della riforma abbiamo condiviso con tutta la rete gli esiti della forte collaborazione, molto intensa e leale avuta con il governo. Con l’arrivo dei nuovi governi si è interrotta completamente la conversazione, ed è rimasto esclusivamente il forum del terzo settore come interlocutore utile per il settore.

 

Quanto è stato impegnativo seguire l’evoluzione della Riforma del Terzo Settore?

Riagganciandomi alla domanda precedente, nella fase istruttoria è stato abbastanza semplice, mentre nelle fasi successive, e non voglio puntare il dito contro nessuno perché i governi successivi si sono trovati a dover affrontare una riforma non creata da loro, è diventato più difficile seguire l’iter della riforma. 

 

L’avvio della riforma è stata l’occasione per un ripensamento della missione oltre che di un adeguamento della struttura  giuridico e organizzativa della sua associazione?

Parlando come Amesci, sì. Essendo Amesci un’APS, una realtà non basata puramente sul volontariato, ma che porta avanti anche attività più affini a quelle dell’impresa sociale questa riforma ha sicuramente aiutato una riflessione interna. Che ha portato come risultato la futura trasformazione di Amesci in una fondazione. Questo perché avendo dato un’organicità al Terzo Settore, ci consente di permanere nello stesso ambito di attività e di relazioni istituzionali, trasformandoci in un soggetto di natura giuridica diversa, sicuramente più aderente alle attività e allo spirito dell’organizzazione. Prima non avrei potuto fare questo passaggio perché avrei dovuto rinunciare ad una serie di opportunità e di possibilità. 

 

Le regole e gli adempimenti previsti per l’iscrizione al RUNTS saranno secondo lei uno sprone al miglioramento gestionale degli enti ed alla trasparenza verso le istituzioni ed i cittadini? 

Sì, imporranno dei nuovi obblighi di trasparenza, non so quanto siano però utili perché la trovo una trasparenza molto più burocratica che una trasparenza sostanziale. Le regole di iscrizione e i documenti di trasparenza richiesti non rappresentano un buon modo per intercettare i malfunzionamenti, presenti nel Terzo Settore come in qualunque altro contesto. Appesantiscono semplicemente chi ha sempre onestamente fatto il suo con ulteriori oneri e preoccupazioni.  

 

La riforma ha previsto la nascita delle “reti associative”. Come valuta questa innovazione? E in che modo  le reti associative potranno assolvere ai nuovi compiti a loro attribuiti?

L’introduzione delle reti è una cosa molto positiva, quello che mi dispiace è che si siano cancellate le associazioni di carattere nazionale, che pur non numerosissime, erano però organizzazioni che avevano agli occhi della propria comunità tutte le caratteristiche per qualificarsi come reti nazionali. In questo modo si vanno ad equiparare associazioni che hanno sempre avuto un carattere nazionale con piccole associazioni, e non mi sembra del tutto giusto, quando bastava banalmente tenere l’accezione di associazione nazionale. Per quanto riguarda i compiti attribuiti alle reti penso che si debba valutare a tempo debito. Positivi ovviamente tutti i compiti che tendono alla promozione, alla condivisione e al networking, e su questo punto di vista reputo le reti associative straordinariamente interessanti. Se però le reti verranno sovraccaricate con oneri di vigilanza, oltre all’incombenza dei numeri da gestire, salta fuori anche l’incognita del sostegno economico necessario alle reti per adempiere ai nuovi compiti. A chi rimarrà in carico? 

 

La Riforma del Terzo settore, con il decreto legislativo 40/2017, ha comportato significativi cambiamenti nel sistema di accreditamento e nella gestione del servizio civile da parte degli Enti. Come valuta queste innovazioni?

Le innovazioni introdotte dalla riforma sono molto interessanti e molto ambiziose, quello su cui stiamo avendo difficoltà, aspetto legato ai cambi di governo, è la mancanza dell’interpretazione autentica di queste innovazioni. Reputo molto positiva l’ambizione a renderlo uno strumento universale, aprendo a tutti i giovani la possibilità di fare questa esperienza e andando a rispondere all’esigenza di educare i ragazzi ad essere parte di una comunità di cui non sono soltanto fruitori ma parte attiva. Molto interessante è anche il ritrovato ruolo centrale dello Stato nell’organizzazione di questo strumento. Accanto a questo sottolineo però che corriamo il rischio che le regioni riavanzino nuovamente pretese di entrare in maniera più significativa nella gestione del servizio civile. Reputo che questo strumento debba rimanere unico, omogeneo e condotto da un livello centrale dello Stato. Mi sento inoltre di sottolineare che spesso si parla del fatto che il sistema di servizio civile vada stabilizzato con finanziamenti continui e potenziato rispetto alla comunità che ne beneficia e verso i giovani in modo da estrarne esperienze sempre più formative. Lo stato è in grado di fornire un supporto continuo o molti oneri incombono sulle stesse organizzazioni che già affannano a causa della totale assenza di sostegno economico?

 

Reputa opportuni e necessari un monitoraggio e una valutazione continuativi dello stato di attuazione della riforma del terzo settore?

Sono assolutamente necessari sia il monitoraggio, poiché aiuta a tenere viva l’attenzione sulle cose che si stanno facendo, sia la valutazione, poiché essendo una legge nuova è necessario fare una valutazione costante di questa riforma proprio per capire quante cose necessitano di aggiustamenti e quante sono state create correttamente fin dall’inizio.

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