Riforma in Movimento: intervista a Licio Palazzini

Licio Palazzini
INTERVISTA A
Licio Palazzini
Presidente di Cnesc

All’interno del progetto di ricerca Riforma in Movimento si vuole andare a creare un dialogo con le istituzioni per accompagnare la Riforma del Terzo Settore nella sua crescita il più possibile positiva e adeguata. Il Dott. Licio Palazzini, Presidente di Cnesc, condivide con noi l’esperienza della sua associazione.

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Qual è, a suo avviso, l’elemento più innovativo/promettente della nuova legislazione sul Terzo Settore (Codice del Terzo Settore, Impresa Sociale, 5×1000, Servizio Civile Universale)?

La scelta del Governo Renzi di agire con una disegno di legge delega se ha permesso in tempi parlamentari brevi di avere l’approvazione della legge 106/2016 ha comunque effettuato una cernita di argomenti da inserire nel citato disegno di legge, lasciandone fuori altri oppure caratterizzando il testo più come manifesto di indirizzo che articolazione di indicazioni normative. Questo impianto ha successivamente condizionato anche il testo dei decreti delegati. 

Nei vari testi (legge e decreti delegati) sono numerosi gli aspetti innovativi hanno raccolto indicazioni di alcuni soggetti sociali e di impresa: 

  1. Collegamento fra mondo del Terzo Settore e mondo dell’impresa for profit e con il mondo del risparmio gestito; 
  2. Accelerazione dell’innovazione nei processi di ideazione e realizzazione degli interventi sociali; 
  3. Spinta alla coesione fra le esperienze storiche del privato sociale italiano; 
  4. Creazione di processi e sedi della rappresentanza verso le istituzioni del Governo del mondo del Terzo Settore.

 

Qual è l’elemento che più la preoccupa riguardo la nuova legislazione sul Terzo Settore? 

La caduta di volontà politica a realizzare quegli obiettivi, sostituita prima da una aggressiva delegittimazione del Terzo Settore e poi da una interpretazione burocratica e conservativa del processo di formalizzazione del Terzo Settore verso le istituzioni (governo, ministeri, regioni). Questo sta generando due criticità collegate. Da una parte la forma che costringe la realtà a autolimitarsi (vedi dinamica fra regole per il runts e organizzazioni vivaci ma piccole), dall’altra il ritorno al piccolo è bello con il collegato tentativo di collateralismo, non più a grandi partiti ma a singoli gruppi e la ripresa di ruolo delle Regioni e Province Autonome. 

Sostenibilità, trasparenza e democraticità sono gli assi principali su cui si è mossa la Riforma, crede che siano stati ben strutturati e articolati all’interno di essa? Tra questi, quali pensa debba essere maggiormente promosso tra gli enti del Terzo Settore? 

La democraticità, fra le tre assi principali richiamate, è quella più rilevante. Una sostenibilità frutto di singoli azionisti o una trasparenza formale non sono coerenti con gli obiettivi della riforma. La democraticità rende possibile una sostenibilità che diventa resilienza nei periodi duri e che diventa capacità di lettura dei processi innovativi del territorio con capacità di rappresentanza e espressione a livello nazional ed europeo. Così come la democraticità dà sostanza alla trasparenza che diventa il punto apicale di processi di partecipazione. Certo che si pongono alcune sfide. I cambiamenti culturali, quelli tecnologici, la nuova dimensione del rapporto locale-globale sottopongono i processi, le sedi, gli strumenti della democraticità costruiti dalla seconda metà degli anni ’60 del 900 a cambiamenti ed evoluzioni sfidanti. Si pensi all’impatto della comunicazione politica e associativa durante la pandemia attraverso il ricorso alle piattaforme digitali. Si pensi alla distanza accresciuta fra istituzioni (politiche, economiche, della comunicazione) e formazioni sociali. Si pensi alla individualizzazione e temporalizzazione dell’impegno civico e volontario. L’altra sfida riguarda il ruolo delle istituzioni chiamate a accompagnare e monitorare l’attuazione della riforma. Il ricorso a soluzioni formali che hanno impoverito la democraticità sostanziale nel Terzo Settore (come in altre parti sociali) può ripresentarsi ancora di più quando l’iscrizione al RUNTS diventerà determinante nel rapporto con la pubblica amministrazione. Il rischio di camuffare soggetti economici profit come soggetti di Terzo Settore o di usare lo status di ETS da parte della criminalità vanno messi in conto. Il ruolo delle istituzioni, costruito con un continuo dialogo con le rappresentanza del TS, è essenziale sia con una verifica costante e attiva della trasparenza, sia con un’azione di controllo sostanziale sulla coerenza fra comportamenti e obiettivi. 

 

La riforma ha previsto la nascita delle “reti associative”. Come valuta questa innovazione? E in che modo le reti associative potranno assolvere ai nuovi compiti a loro attribuiti? 

Il fatto che a tre anni dalla riforma non siano operative le disposizioni rischia di indebolire l’operazione politica che la riforma si prefiggeva: avere alcune reti associative storicamente operanti nel Paese accanto a reti nuove, soprattutto nei settori di interesse generale portato delle innovazioni sociali e culturali degli ultimi decenni che, insieme, fossero in grado di realizzare la funzione generale del Terzo Settore di gamba essenziale della coesione e della crescita del Paese nell’Unione Europea. In questo lasso di tempo si è indebolita la carica di innovazione, che va velocemente ripresa. Importante in questo sarà il contenuto della Circolare che il Ministero del Lavoro si appresta a emanare, soprattutto se avrà l’obiettivo di includere anche le organizzazioni al momento non iscritte a nessun registro ma da anni operanti in modo associato alle reti. 

 

Le linee guida sul bilancio sociale sproneranno gli enti (anche quelli non obbligati) ad utilizzare il bilancio sociale come strumento di rendicontazione e di relazione con gli stakeholder? 

Pensando al breve periodo lo scenario sarà quello di organizzazioni colpite dalla pandemia sulla raccolta di risorse ordinarie e sui costi effettivi e di conseguenza sui bilanci e sugli stati patrimoniali, oltre sulla operatività. Questo avrà effetti sulla applicabilità degli strumenti di rendicontazione e di relazione con gli stakeholder. E’ auspicabile un avvio semplificato e concentrato sui macro effetti. Fra qualche anno, con l’auspicabile superamento della fase pandemica, le linee guida potranno, testate nei prossimi due anni, esplicitare la loro finalità. Per questo, il periodo “crisi e ricostruzione” sarebbe utile venisse monitorato su due direzioni: il massimo possibile di organizzazioni inizino ad applicare le linee guida, servizi di help desk saranno attesi, anche mettendo in conto che la priorità sarà la sopravvivenza e ripresa della funzionalità associativa. 

 

La Riforma del Terzo Settore, con il decreto legislativo 40/2017, ha comportato significativi cambiamenti nel sistema di accreditamento e nella gestione del servizio civile da parte degli Enti. Come valuta queste innovazioni? 

L’impatto del Decreto Legislativo n. 40/2017 sulla rete di organizzazioni accreditate è stato particolarmente evidente. Gli enti titolari accreditati sono passati da 3913 a 391, con una flessione/ricambio fra gli enti di accoglienza e il numero delle sedi di impiego per gli operatori volontari. Questo avvicina l’obiettivo di concentrare la direzione strategica degli interventi di SCU, funzione tipica dell’ente titolare, permettendo agli enti che realizzano i programmi (enti di accoglienza) di concentrarsi sull’operatività. Questa concentrazione è essenziale per avere organizzazioni in gradi di sostenere gli obiettivi di rendicontazione dell’impatto delle attività, di valorizzazione delle competenze dei giovani, di sostenere i costi per progettazione, formazione, gestione, monitoraggio, rapporti annuali. Preoccupa però che dei 391 enti titolari la gran parte sono organizzazioni operanti su specifici territori, anche sub provinciali, con evidenti limiti al raggiungimento dell’obiettivo affidato agli enti dalla riforma. La gestione, intesa come disposizioni concrete per la realizzazione delle attività proposte ai giovani, ha affrontato in modo efficace la pandemia nel 2020 e introdotto nella normativa ordinaria misure di flessibilità (attività anche da remoto, rimodulazione delle attività, ecc.) con approccio di scopo. E’ invece di grande difficoltà l’attuazione della parte della riforma che introduce i programmi. Infatti se sul piano degli atti di indirizzo (Programmazione Triennale e Piani Annuali) i documenti sono chiari e generativi, le procedure di scrittura, deposito e valutazione sono insostenibili. Hanno prodotto il raddoppio del tempo lavoro per le organizzazioni e il Dipartimento, confusione nella individuazione delle responsabilità nella cosiddetta co-programmazione e co-progettazione. Se a questo di aggiunge che dotazioni finanziarie annuali rendono impossibile la programmazione triennale abbiamo su questo tema il rischio maggiore di fallimento della riforma. Inoltre il passaggio di funzioni al Dipartimento e l’avvio di misure innovative (tutoraggio, minori opportunità, tre mesi UE) senza conseguente rafforzamento del Dipartimento e l’avvio di accordi bilaterali fra questo e le Regioni e PA sta portando velocemente all’implosione del Dipartimento.

 

Reputa opportuni e necessari un monitoraggio e una valutazione continuativi  dello stato di attuazione della riforma del Terzo Settore?

Sì.

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