Professionisti: la vertigine della lista

Gli Enti del Terzo Settore si trovano a dover gestire attività sempre più complesse, e spesso non hanno al loro interno le professionalità adeguate. E’ quindi necessario affidarsi a professionisti esterni, ma come sapere a chi e come scegliere?
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Ogni tanto mi faccio qualche domanda, e, sventurato, rispondo.

Questa volta mi è venuto da chiedermi: ma di quante professionalità avrebbe bisogno un ente di una certa dimensione, un ente che realizza attività complesse, con rapporti duraturi con persone, amministrazioni pubbliche e aziende?

Vorrei farvi entrare in una sorta di vertigine della lista, non per togliervi la passione per il non profit, per quello che fate nel o per il non profit. No, non per questo, ma per confermare ancora una volta che il non profit, il Terzo settore è DENTRO la società non solo perché “fa beneficenza” ma perché per perseguire il suo fine DEVE relazionarsi con il mondo.

It isn’t a world apart!

Iniziamo con la lista.

C’è bisogno di un notaio, per costituirsi e modificare lo statuto se abbiamo la personalità giuridica, ma anche per acquistare o vendere immobili, gestire lasciti (e non dimentichiamoci delle procure).

Serve poi un commercialista per una serie di attività, dalla consulenza ed assistenza nella tenuta delle scritture contabili alla parte di controllo.
Il commercialista ci deve anche guidare nella legislazione speciale del Terzo Settore, in particolare spiegarci come si realizzano le attività commerciali in un ente non commerciale. E un revisore contabile, singolo professionista o società, per fare il revisore.

Un avvocato per tutte le grane, siano esse interne (liti tra soci o tra organi) o esterne. Sul versante della tutela legale qui si va a nozze con gli amici giuristi. Ce ne vuole uno dedicato alle questioni connesse alla privacy, e se siamo un po’ grandicelli e abbiamo rapporti con la P.A non possiamo farci mancare un amministrativista che rediga convenzioni e contratti, oltre a qualcuno che ci assista anche sulla 231.

Non parliamo poi dei giuslavoristi: la tutela dell’ente e del lavoratore sono in cima ai pensieri di un bravo amministratore. C’è bisogno inoltre di un legale anche in relazione alla questione della sicurezza sul luogo del lavoro, spesso accompagnato da un tecnico specializzato ad hoc.

Serve un legale da consultare anche per la registrazione del marchio.

Abbiamo inoltre bisogno di una società “paghe e contributi” che ci assista nella compilazione dei payroll e nella gestione burocratica del personale.

Può servirci una buona società di consulenza che ci faccia scoprire quanto vale il marchio o come farlo valorizzare con accordi di licensing.

Non può mancare un’agenzia di consulenza, design e comunicazione che ci supporti per le attività di branding, posizionamento strategico, studio di campagne, magari che includa anche un buon ufficio stampa.

Fondamentale un assicuratore, del quale possiamo fidarci per le migliori tutele generali (immobili, mobili, titolari di cariche) e quelle particolari sul volontariato.

Abbiamo investito alcuni risparmi in banca: ci servirà un consulente finanziario per la gestione dei patrimoni.

Come dimenticare poi i formatori? Qui si spazia a 360 gradi. Ma anche le agenzie che trovano i finanziamenti per la formazione.

E il fundraising? Che sia un singolo consulente o una società, i fundraiser non possono mancare.

Infine, c’è bisogno di qualcuno che presidi la presenza digitale dell’organizzazione: un digital officer che sappia far funzionare il sito, e gestisca l’e-commerce. Che sappia leggere i dati di traffico del sito e quelli dei social, e pianificare campagne di conseguenza.

Me ne sono dimenticato qualcuno?

Possibile, probabile; anzi, certo!

Ma la conclusione è che è bello che il non profit non sia lasciato solo e che possa contare su così tanta gente!

O no?

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