O è un bug o è una caratteristica.
Voglio dire; se da parte di chi detiene un certo potere per indirizzare i cittadini viene ripetuto un comportamento illogico, o c’è una colpa una tantum oppure è un problema sistemico. Nel caso del Ministero del lavoro e delle politiche sociali in merito all’interpretazione del Codice del Terzo Settore il dubbio resta.
Tra i tanti possibili, espongo due indizi.
Il primo è recente e riporta l’asserito obbligo per gli enti in nuce ETS (ODV, APS e ONLUS) con entrate maggiori di 1 milione di euro di redigere e pubblicare un bilancio sociale secondo le linee guida a suo tempo emanate dal Ministero stesso.
Con nota del 3 agosto 2021, il Ministero risponde ad un quesito posto il 7 giugno da un’associazione Onlus mantovana in merito proprio a quest’obbligo. Con una serie di considerazioni – peraltro secondo me non del tutto condivisibili – l’associazione ritiene di dimostrare che l’obbligo di redazione e pubblicazione del bilancio sociale per le Onlus non sussista. Il Ministero le risponde picche, con controargomentazioni che soddisfano il Ministero ma non la logica. Tutta la questione verte sulla non esistenza del RUNTS.
Ma lasciamo stare la questione secondaria di chi abbia ragione e chi torto. Andiamo sulla questione delle date. L’ente chiede informazioni il 7 giugno. Il termine di approvazione e pubblicazione è il 31 luglio (posticipato rispetto all’originario 30 giugno).
E il Ministero cosa fa? Risponde con nota il 3 agosto.
Riassumo per quelli sprovvisti di calendario: obbligo secondo il Ministero sussistente da adempiere entro il 31 luglio. Risposta a quesito (del 7 giugno): 3 agosto.
Il secondo indizio racconta di una nota del 2 novembre 2020 – non a caso giorno di commemorazione dei defunti – nella quale si sotterra la buona creanza, si piange la logica, si amministra l’estrema unzione al diritto.
In quell’occasione, il Ministero disse che le Onlus, ODV e APS con le caratteristiche patrimoniali, economiche e organizzative richieste dagli articoli 30 e 31 del Codice del Terzo Settore erano obbligate a munirsi di Organo di controllo e di Revisore; il fatto che retrodatasse l’obbligo dall’inizio del 2020 resta uno degli aspetti più sconcertanti e farseschi.
Ora, io sono molto rispettoso delle istituzioni, anche quando sbagliano e di chi lavora nelle istituzioni, anche quando dice castronerie.
Ma qualche dubbio mi sorge quando leggo o assisto a tali teatrini degni di Ionesco. Ecco i dubbi:
- a che pro? Dato che, solo dopo il termine massimo, hai detto che l’adempimento era da realizzarsi prima di quel termine, cosa succede?
- quali sono le sanzioni previste per l’eventuale inadempimento? Non essendoci ancora il RUNTS, mi fai fuori da un registro che non esiste?
- c’è qualcuno che si immedesima in un amministratore e in un amministrativo di un ente non profit?
- c’è qualcuno che si scusa per il ritardo della risposta?
Ma fondamentalmente il quesito è: possiamo far valere la “par condicio”?
Ma non nel senso che se noi vediamo queste brutture ci inquietiamo e se a loro vengono chieste le ragioni dei diversi ritardi (RUNTS e invio richiesta autorizzazione alla Commissione europea) si inquietano; perché, cari lettori, è quello che succede!
La par condicio che intendo è che – come succede nel non profit – qualcuno risponda per i ritardi, per il non-sense sparso a larghe mani, per la leggerezza di certe risposte.
Risponda e, se possibile, faccia ammenda.
Nessuno chiede l’infallibilità. Qualcuno potrebbe chiedere senso della misura e della responsabilità.
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