Trasparenza, alligatori e Taxi Driver

Come si fa a dire che il non profit manca di trasparenza quando è sovraccaricato di adempimenti su rendiconti e affini? E cosa dire di un'amministrazione pubblica che non sa controllare e che detta regole folli che ingolfano gli enti?
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Due sono le caratteristiche delle leggende metropolitane: sono dure a morire e sono irrimediabilmente false. Se credete che davvero gli alligatori abbiano mai scorrazzato nelle fogne di New York, allora potete bervi anche quella del non profit che non è trasparente!

La leggenda metropolitana sul non profit in deficit di trasparenza ha radici lontane ma è stata ripetuta quando è stata annunciata una “imminente” Riforma del Terzo Settore (parliamo dell’aprile 2014!), dove la formula magica reiterata mille volte affinché si ritenesse vera, era: “fare una Riforma per dare maggior trasparenza al non profit!”

Ma cosa ha fatto di male il non profit, per passare per un settore “opaco”, detto peraltro da soggetti (i politici, subito seguiti dai funzionari pubblici) noti per tante cose ma a prima vista non per la propria devozione alla trasparenza?

Limitandoci alla questione della rendicontazione, esiste un qualche straccio di prova della mancanza di trasparenza nel non profit?

Direi il contrario; esiste la prova di un’incapacità del controllore pubblico a mostrare urbi et orbi l’assolvimento dei molti obblighi di formazione dei bilanci che gravano sugli enti.

Facciamo un ripasso pre-anno domini 2014: da un lato avevamo una legislazione precedente alla Riforma che obbligava Organizzazioni di Volontariato, Associazioni di Promozione Sociale, Onlus, Organizzazioni Non Governative, Fondazioni, associazioni riconosciute, associazioni che utilizzavano determinati benefici fiscali e Associazioni Sportive Dilettantistiche a redigere un Rendiconto o un Bilancio e a farlo votare dall’organo interno preposto.

Dall’altro lato avevamo nell’ordine Regioni (e Province autonome), Ministeri, Agenzia delle entrate, Prefetture, CONI che:

  • non richiedevano i rendiconti / bilanci, oppure,
  • se li chiedevano, non li pubblicavano.

Rispondetemi “a freddo”: in questo gioco della “mancata trasparenza” chi non ha assolto al proprio ruolo? Il controllato o il controllore? O, detto diversamente, dove sono le prove di una mancanza di trasparenza?

Con la Riforma del Terzo Settore e a seguito di altre norme del 2017, gli obblighi di rendicontazione sono aumentati e comprendono (provate a leggerlo senza prendere fiato) Rendiconto o Bilancio d’esercizio secondo (pessime) linee guida; Bilancio Sociale da redigere seguendo altre linee guida; pubblicazione degli emolumenti dei dirigenti e degli organi sociali; Rendiconto del 5 per mille da inviare al Ministero e comunque da pubblicare sul proprio sito; Rendiconto delle raccolte pubbliche di fondi; pubblicazione di informazioni sulle entrate pubbliche; comunicazioni al Ministero e sul proprio sito relative al Social Bonus. A queste rendicontazioni si aggiunga che ogni ente pubblico e ogni soggetto della filantropia istituzionale richiede alla non profit un “separato rendiconto” per le erogazioni ricevute.

Come se non bastasse, ogni rendicontazione porta con sé una serie di obblighi che di per sé sembrano ovvi, ma provate a moltiplicarli per il numero di rendicontazioni. Scadenze; modalità di redazione; modalità di presentazione / invio; istruzioni o linee guida; note direttoriali, circolari e dipiciemme.

La buona notizia è che con la Riforma del Terzo Settore si è colmato un vulnus dell’amministrazione pubblica in merito alla trasparenza non tanto perché sono aumentate le rendicontazioni ma perché nel RUNTS è previsto il deposito dei Bilanci d’esercizio e di missione. Un contenitore unico, finalmente… o forse no… Alcuni amministratori pubblici fanno proprio il detto “il meglio è nemico del bene” e, ad esempio, si sono pensati di non far depositare il Rendiconto del 5 per mille nel RUNTS ma di pensarsi un folle sistema di invii e rimandi che prevede (prendete nuovamente fiato) che entro un anno dalla percezione del 5 per mille l’ente debba redigere un rendiconto (inviandolo entro 30 giorni al Ministero solo per somme maggiori a 20mila euro), pubblicandolo entro i successivi 30 giorni (successivi ai primi 30) sul proprio sito istituzionale e comunicando entro 7 giorni (dai secondi 30 giorni) al ministero di competenza il link dove l’hanno pubblicato.

Certo, troppo semplice farlo pubblicare direttamente sul RUNTS!

Per finire: prendete le rendicontazioni prima citate (Bilanci d’esercizio, sociali, ecc), gli adempimenti, le istruzioni scritte e pensate da qualcuno inutilmente dotato di pollice opponibile e chiedetevi quante ore di lavoro devono essere consumate da volontari, dipendenti e professionisti nella speranza di fare tutto correttamente. Al di là del costo per l’ente (comunque vaglielo a spiegare al saputello che bisogna comprimere i costi di struttura!), pensate come si sentono gli amanuensi dei bilanci, i pedinatori di dati contabili, i minatori della rendicontazione quando qualcuno gli dice che il Terzo Settore non è trasparente.

Io me li immagino così; stremati, dopo una giornata a capire come contabilizzare un rimborso della banca, alzano la testa e guardano con sfida chi gli ha appena detto che le non profit sono poco trasparenti. Allora, come De Niro in Taxi Driver davanti allo specchio, dicono:

“Ma dici a me? Ma dici a me? Ehi, con chi stai parlando? Dici a me? … Di’, ma con chi credi di parlare tu?”

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