Travi e pagliuzze

La trasparenza è la parola più abusata nel non profit: ma il Consiglio Nazionale del Terzo Settore - che dà pareri sui decreti e sulla normativa della Riforma - ha mai fatto sapere cosa fa, quali sono le decisioni che prende, chi ha votato a favore e chi contro?
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Oggi parliamo di pagliuzze e travi.
Riprendendo il tema della trasparenza, le pagliuzze vengono cercate negli occhi di chi prova a gestire al meglio enti non profit che, come sappiamo, sono verificati da molti soggetti: soci, sindaci, revisori, organi di controllo, enti pubblici.
Poi, sempre in tema di trasparenza, si ergono le travi, delle quali stranamente nessuno rileva l’esistenza ma che vengono indossate da qualcuno a mo’ di occhiali.

Vediamo la trave che ci si presenta oggi di fronte, impossibile da non vedere.

Esiste un soggetto attraverso il quale passano tutte le normative relative alla Riforma e che con parere a volte obbligatorio ma sempre non vincolante dà lettura e opinione su normative e decreti.
Si tratta del Consiglio Nazionale del Terzo Settore, regolato dagli articoli 58 – 60 del Codice.
Seppur depotenziato in quanto organo consultivo, da esso comunque passano davvero tutte le bozze di decreti e di normativa sugli enti del terzo settore.
Un’altra sua caratteristica rilevante è che è composto per legge da molti esponenti degli enti (tra i quali un’allegra comitiva del Forum del Terzo Settore) e di esperti del Terzo Settore.
Evitiamo la facile ironia sul fatto che tra gli esperti si annovera anche il professor Zamagni che di recente – in un duello dialettico con un fundraiser americano, perso per KO dall’emerito docente – ha dato ulteriore prova che ciò che sa del non profit inizia dal ‘300 ma non risulta molto applicabile a quello che chiamano “mondo contemporaneo”.
Comunque, il Consiglio è stato istituito ad inizio 2018, e per i suoi membri non si prevedono né compensi ma neppure rimborsi (per dire come siamo messi!).
Dato che in questi mesi decadono coloro che sono stati nominati tre anni fa – ma ripiegate i fazzoletti, sono rieleggibili ancora una volta – chiediamoci cosa ha fatto in questo tempo questo assembramento autorizzato di promotori del non profit italiano.
Ecco: sarebbe davvero interessante capire cosa hanno detto i singoli rappresentanti, come hanno votato, quali sono state le maggioranze, su cosa si sono scontrati; ed in generale quale idea hanno del Terzo Settore presente – ma soprattutto di quello futuro.

Eh sì, sarebbe… ma non si può.
Esistono verbali delle riunioni ma non sono mai stati pubblicati dal Ministero del Lavoro cui fa capo.
Eppure… sarebbe davvero interessante capire se qualcuno si è opposto alle linee guida sugli schemi di bilancio d’esercizio, che come noto sono un ricettacolo di amenità e balordaggini dove si distinguono le raccolte fondi dalle erogazioni liberali (che è come distinguere le braccia dagli  arti superiori) posizionandole in sezioni diverse del bilancio; dove il 5 per mille viene riportato come un’entrata da attività di interesse generale; dove fantomatici contributi da soggetti privati fanno bella – quanto improbabile – mostra di sé nelle attività diverse; dove – e questa è la bestialità più grossa e alla base di tutto – si è ritenuto di mettere le voci di entrata sulla base della destinazione e non della natura, come se potesse esistere qualche entrata che non avesse la destinazione (ripassate art 8!) delle finalità e quindi della realizzazione in via prevalente delle attività di interesse generale.

E sarei anche curioso di sapere se qualcuno ha fatto presente che le Linee Guida sull’impatto sociale stanno al Terzo Settore come l’opera omnia di Fabio Volo sta alla letteratura italiana.
Così come sarebbe istruttivo entrare a conoscenza dei rilievi – che di certo sono stati fatti – sull’ipertrofia interpretativa del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali (sorvoliamo se sempre condivisibile nelle conclusioni) e sul mutismo che ha colpito l’Agenzia delle Entrate sulle questioni fiscali già in vigore.

In buona sostanza mi chiedo se io possa plaudire a chi ha contribuito con scienza e coscienza alla discussione seria e competente in seno a quello che è un “parlamentino” del Terzo Settore.
E ugualmente vorrei conoscere chi sta lì e non dice nulla, facendo passare qualsiasi cosa, così come chi dà aria ai denti con fraseggi intrisi di realpolitik e fa rilievi inconsistenti pur di far notare la sua presenza, perché il ruolo e la vanità glielo richiedono.

Mettiamola sotto questo altro punto di vista.
Ci sfracellano i cabbasisi con la partecipazione dal basso, il famoso bottom-up, l’importanza della condivisione e altri specchietti per noi allodole. Poi, quando c’è la possibilità e l’esigenza di partire dal “basso”, dall’esperienza delle organizzazioni, c’è chi si chiude in torri d’avorio e discute di massimi sistemi con Zamagni (ok, ognuno è libero di scegliersi la propria perversione) ma soprattutto non condivide nulla, né chiede al Ministero di condividere nulla… E così non sappiamo chi ha preso certe decisioni, chi ha appoggiato certe interpretazioni, quali sono le idee sul Terzo Settore di domani.

Dato che rendiconto significa letteralmente “render conto”, c’è qualcuno che ha voglia di argomentare le proprie posizioni stimolando il Ministero a rendere pubblici i verbali del Consiglio?
Sarebbe un modo concreto per riavvicinare alle organizzazioni un consesso importante come il Consiglio Nazionale del Terzo Settore.

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