Perché progettare per un bando

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Ci sono molti modi per scrivere un progetto da candidare ad un bando. Il mondo cambia quando trovi quello giusto.

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Vi sarà certamente capitato di imbattervi in un bando interessante. In genere succede a due settimane dalla scadenza, probabilmente mentre siete impegnati a fare tutt’altro e spesso perché ve lo ha girato un collega o, situazione ancora più particolare, il vostro capo. A quel punto vi sentite già l’acqua alla gola e avete di fronte due opzioni: 

a) cercare il numero di quel vostro contatto progettista freelance, sperare che sia libero e che accetti il budget che avete a disposizione; 

b) mettervi a scrivere la proposta di progetto di vostro pugno, con la prospettiva di due settimane di caos e improvvisazione all’orizzonte.

Il giorno della deadline riuscite sul gong a inviare la proposta, il minuto successivo vi siete già dimenticati tutto. Una manciata di settimane dopo vi arriva un’email dall’ente che ha emesso il bando che porta due possibili cattive notizie: 

non avete vinto il bando, il che significa che avete speso risorse, tempo, ed energie senza un reale ritorno; 

avete vinto il bando, e adesso vi trovate a dover implementare un progetto di cui non sapete nulla o che è stato pensato soltanto in funzione del finanziamento e non ha quasi niente a che vedere con la mission della vostra organizzazione. Buona fortuna.

Questo approccio alla creazione e alla scrittura di progetti è tanto frequente quanto sbagliato. La buona notizia è che non deve essere per forza così. C’è un altro modo, per progettare.

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Un nuovo modo di progettare

Bisogna mettere da parte i bandi, anche se solo temporaneamente, per concentrarsi sul vero punto di partenza, la ragione che ci spinge a fare quel che stiamo facendo, il vero motore delle nostre azioni, il perché che sta dietro all’idea di un buon progetto.

Partire dal perché significa innanzitutto cercare dentro di noi, personalmente, ciò che ci spinge ad agire e a voler cambiare quel che ci circonda. Se partiamo dalla scoperta dei nostri valori e principi, delle nostre gioie e dei nostri traumi, andiamo alla ricerca delle nostre radici, della nostra energia da portare nel mondo, diventiamo più coscienti, cambiamo pelle e da produttori/consumatori ci trasformiamo in individui responsabili, attori del cambiamento capaci anche di ispirare altre persone.

In secondo luogo, partire dal perché significa dare un senso al nostro progetto, un senso reale, una funzione all’interno del contesto nel quale andrà a realizzarsi. Le nostre azioni hanno un valore, sia per il presente che per il futuro, ed è dando valore alle nostre azioni che ciò che progettiamo prende senso.

La ricerca del perché, infine, ci aiuta a definire in modo nuovo gli elementi progettuali, che si allineano naturalmente con la nostra mission e/o quella della nostra organizzazione.

Una volta completato questo percorso di esplorazione, che è sia individuale che collettivo, poiché riguarda sia il team nel suo complesso che i singoli individui che lo compongono, si passa inevitabilmente al chiedersi cosa vogliamo fare, cioè i risultati che vogliamo ottenere, e poi ancora al come vogliamo farlo, quali sono le azioni da mettere in campo per arrivare là dove vogliamo.

Ed è così che ci ritroviamo già pronto lo scheletro del nostro progetto, perfettamente aderente alle aspirazioni nostre e della nostra organizzazione, e a quel punto saremo noi a voler cercare e trovare il bando giusto a cui partecipare, i partner ideali, con una proposta che ha una forza e un’energia completamente diverse, e molto più di due settimane per preparare tutto nel migliore dei modi.

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